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Un'arte nuova?


Inquietudine al principio. Anche se, abbandonandomi ad una facile e naturale vena poetica, i problemi che mi ponevo non superavano la visione di una realtà sentita nel suo aspetto più piacevole, tanto che in obbedienza al mio istinto, presi le mosse dall'impressionismo.

I miei quadri in quel tempo piacevano anche alle persone di cultura raffinata, ma dentro rimaneva l'inquietudine che mi spingeva a guardare le cose oltre il loro aspetto. Entrato allora più nel vivo dei problemi dell'arte contemporanea, ho voluto rivivere le esperienze che più mi interessavano e, dopo un passaggio breve attraverso l'espressionismo ho, scegliendomi quale maestro Picasso, più profondamente studiato la lezione cubista.

L'invasione tedesca in Italia ha interrotto questo mio lavoro ed ora, dopo aver anche come uomo, assieme agli altri uomini diviso il rischio e lottato per la costruzione di una nuova civiltà e di una cultura nuova, ho finalmente capito la funzione vera dell'artista e la sua responsabilità storica. Prima non potevo sentirla.

Funzione storica che l'artista ha sempre assolto, anche nei tempi più recenti. Il pittore, infatti, coll'espressionismo ci ha rivelato gli orrori, i mali latenti e le sofferenze dell'uomo, ha cercato di evaderne, attraverso il cubismo, indagando la realtà nel solo aspetto formale oppure, cercando nell'io inconscio, col surrealismo, qualcosa di ancora vero e vergine non contaminato da falsa cultura, non riuscendovi essendo anch'egli creatura di una cultura sbagliata.

L'opera dell'artista contemporaneo, in sostanza, nega o condanna il suo simile e la società in cui vive.

L'arte ha sempre dato dell'uomo il vero aspetto interiore: primitivo, pagano, mistico, umano, sensuale, bestiale e così via.

L'uomo è stato come gli artisti greci prima e i romani poi lo hanno visto, come lo ha visto Giotto, Tiziano o Goya ed è stato come Kokoschka e Picasso lo hanno dipinto. Così sono ancora oggi tanti uomini: passive ed insofferenti vittime o allegri monatti con la bestia dentro.

Picasso ha dipinto nel modo più vero la trionfante bestia borghese, per questo oltre il valore intrinseco della sua pittura, egli è vivo ed attuale. Anche Matisse, con le sue donne borghesi, ci dà un aspetto dell'uomo contemporaneo. La pittura di Matisse è felice perché egli, vedendone solo l'aspetto gradevole, credeva a quel mondo, ma quanto povero di interiorità questo piacevole mondo borghese felice ed incosciente. Neppure il vero talento di Matisse riesce a nasconderlo.

Questo è stato l'uomo contemporaneo: sofferente cane bastonato dall'uomo con la bestia dentro, oppure bestia incosciente e soddisfatta e, come sempre, l'arte ha dato all'uomo il suo vero volto vero, fedelmente.

L'uomo ha nell'arte sempre l'aspetto di quello che è dentro, di quello che è in bene e in male.

Questo è vero osservando l'arte dal punto di vista psicologico e storico e, naturalmente non è che un lato del problema, ma poiché ci siamo sempre rifiutati di considerarlo valido agli effetti della critica-estetica, per questo ora ne parlo ed amerei che qualcuno più di me approfondito, rifacesse la storia dell'arte anche dal punto di vista filosofico-storico analizzandone ogni aspetto in relazione al tempo ed al sorgere e decadere delle civiltà in cui si è manifestata.

Questo potrà aiutarci a rispondere all'interrogativo che molti ora si pongono e cioè se ci sarà una nuova forma d'arte. Secondo me, solo una vita nuova ci darà un'arte nuova. Una vita più umana e felice ci darà un'arte più umana e felice.

Soltanto se il bruto nell'uomo è stato vinto avremo una vita nuova, avremo l'artista nuovo per gli uomini nuovi e la vita avrà un altro senso ed un significato nuovamente umano. L'arte servirà a tutti gli uomini, esprimerà le loro conquiste, sarà la più alta espressione del loro grado di civiltà oppure la più tremenda accusa contro di loro.

In ogni caso sempre arte e sempre corrispondente al modo di vita interiore dell'uomo.

Dall'epoca delle caverne ogni età ha avuto i suoi cosiddetti geni, anche la nostra età ha i suoi geni. Ogni epoca storica, con mezzi più o meno primitivi e con intensità conforme al grado di raggiunta spiritualità, ci ha lasciato testimonianza, attraverso l'arte, del suo costume civile. Non è per pura casualità che la Grecia ha avuto Fidia e il nostro Rinascimento Raffaello. Le epoche definite d'oro nella storia dell'arte corrispondono (condizione essenziale per il suo manifestarsi) ad un raggiunto stato di grande civiltà.

Soltanto da un perfetto equilibrio fra vita spirituale e materiale, con il prevalere della prima condizione, possono sorgere le premesse per un manifestarsi pieno, perfetto e felice dell'espressione artistica. Tanto vero che in periodi di decadenza di una civiltà anche l'arte può classificarsi decadente e non perché gli artisti siano meno geniali. Chi può infatti affermare che Tiepolo o Delacroix abbiano meno talento, meno abilità di Raffaello o di Tiziano? Ed i nostri maestri dell'Ottocento erano forse inferiori come possibilità e capacità tecniche a quelli francesi?

Se ci proviamo a confrontare la posizione storica del nostro paese rispetto alla Francia dall'ottocento ad oggi ci accorgeremo che gli artisti francesi sono in quel periodo più grandi dei nostri perché proprio nella Francia della Rivoluzione, la borghesia francese ha avuto il ruolo più importante.

Dalla presa della Bastiglia a quest'ultima guerra un'epoca è trascorsa che sarà definita borghese. La grossa borghesia ha ora finito il suo compito, ha completato la sua evoluzione passando attraverso tutte le fasi: rivoluzionaria - conservatrice - reazionaria. L'arte ne ha seguito lo sviluppo esaltando prima, condannando poi.

L'arte per sua natura non può essere né conservatrice né reazionaria, è sempre rivoluzionaria o non arte.

È dunque ridicolo definire l'arte moderna borghese in senso spregiativo e pensare che possa esservi salvezza solo ritornando indietro al vero, al sano, ecc. Non c'è nessun indietro. L'Impero di Napoleone e l'impero di Mussolini tornavano indietro e ci hanno dato il neoclassicismo e le rispolverature archeologiche.

Queste accademie, queste nostalgie antistoriche devono essere seppellite per sempre. Per i morti, per le antichità i musei e i cimiteri.

A noi spetta di aprire nuove strategie, di scoprire nuovi orizzonti, spetta a noi di indagare e penetrare nella conoscenza di infinite cose. L'umana coscienza si deve preparare ancora ad assolvere un grande compito storico per scoprire il nuovo linguaggio per la vita nuova.

Armando Pizzinato

(in «Numero Pittura», Milano, marzo 1946)


 

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